Certe volte nella mia vita mi sono trovato a guardarmi allo specchio e ad ammettere con me stesso dicendomi proprio in faccia come stavano le cose in quel momento.
E' stato così quando ho accettato di essere come sono, e da lì le scelte che ho fatto sono dipese anche da quel momento, dalla presa di coscenza.
E' stato così quando ho dovuto ammettere che una storia era finita, così finita da non poterlo più nascondere nè a me nè, poi, a lui.
E' così ora. Il dado è tratto. Alea iacta est. Sono davanti allo specchio e ammetto, serenamente anche se con tanta tristezza, di aver perso. Rinuncio. Sono stanco.
Non è un dramma. Non è morto nessuno. Non ne morirò di certo io. Ma ho tanta amarezza, l'amarezza di chi sente di avere dato 100 e raccolto 10. E non mitiga la mia sofferenza la consapevolezza che probabilmente quel 10 che ho raccolto è almeno 10 volte più grande di quanto fosse disposto a darmi, 10 volte più grande di quanto fosse giusto che io ricevessi, 10 volte più grande di quanti altri riceveranno per parecchio tempo.
In questo momento sento che qualsiasi cosa meno di 100 non mi appagherebbe. Sento che aggrapparmi a quel 10 mi porterebbe altra sofferenza, che per quanto quel 10 valga tantissimo per me, non giustifica ulteriori sforzi da parte mia.
Sono deluso di me stesso. Deluso di non aver capito subito, di non essere stato furbo e tagliato i ponti prima che diventasse impossibile farlo. Sono arrabbiato, perchè per quanto mi sforzi non trovo una sola cosa per cui rimproverarlo, una sola circostanza che mi consenta di dire che è tutta colpa sua. E' tutta colpa mia.
E se mi guardo intorno, anche alle persone che conosco e che frequento in questo periodo, mi rendo conto che c'è tanta ambiguità attorno a me. Chi dice di essere ciò che non è, chi dice di sapersi comportare e mi critica per come mi comporto io, ma poi sbaglia malamente su cose semplici semplici, chi si professa mio amico, ma di me non sa più niente da mesi.
E' tempo di cambiare e di crescere un po'.
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